Il vincitore e Paco Yunque di César Vallejo

Familia serrana
Nella foto: particolare del dipinto Familia serrana (1940) del pittore peruviano Camilo Blas ("nome di pennello" di José Alfonso Sánchez Urteaga, 1903-1985)

FABRIZIO PINNAIl vincitore (El vencedor) è un racconto scritto, stando alla testimonianza della moglie di César Vallejo (1892-1938), Georgette Marie Philippart Travers (1908-1984), intorno al 1935/1936 ma rimase inedito sino alla pubblicazione della raccolta postuma di Novelas y cuentos completos (Lima, Moncloa Editoriales, 1967). 

Paco Yunque, scritto nel 1931, è oggi uno dei suoi racconti più noti e apprezzati anche dalla critica ma, respinto dall’editore perché ritenuto “demasiado triste”, fu anch’esso pubblicato postumo, nel luglio 1951, a cura di Georgette de Vallejo nel primo numero della rivista «Apuntes del Hombre» (Lima) e poi incluso nella succitata raccolta del 1967. Sempre secondo una testimoniaza della moglie di Vallejo, lo scrittore avrebbe voluto unire a un’edizione di Paco Yunqueanche la poesia “La collera” (1937); è una delle ragioni per le quali è stata scelta come testo di apertura di questo e-book.


Nella sezione “Cammeo” si sono inclusi quattro ulteriori testi in prosa di Vallejo. L’opera d’arte e l’ambiente sociale e Intorno alla libertà artistica sono ripresi da El arte y la revolución (I edizione, postuma: Lima, Mosca Azul Editores, 1973), un “libro de pensamientos”, come lo chiamava Vallejo, che raccoglie saggi brevi e testi creativi che sono, in parte, rielaborazioni di scritti che erano stati pubblicati in periodici (1). Gli altri due testi sono tematicamente contigui e furono scritti a dieci anni l’uno dall’altro: Los artistas ante la politica, in cui polemizzava con Diego Rivera, apparve in «Mundial» (Lima; n. 394, 31 dicembre 1927) e Gli intellettuali e le grandi lezioni culturali della guerra spagnola, altro lungo articolo di taglio saggistico, fu invece pubblicato nella rivista «Repertorio Americano» (San José – Costa Rica, 27 marzo 1937). 

In omaggio al grande poeta peruviano, per amore di simmetria e un po’ per gioco, l’e-book si chiude con una “Microantologia poetica” molto informale. La difficoltà di tradurre la poesia di Vallejo è proverbiale e del resto lui stesso sulla possibilità, in generale, delle traduzioni poetiche aveva idee piuttosto radicali che espresse in varie occasioni, in particolare nell’articolo che fa da preludio a questa piccola selezione di poesie (2). La microantologia si apre con un testo chiave della prima raccolta poetica di Vallejo, la quale porta lo stesso titolo: Los heraldos negros (Lima 1919), e l’ultima poesia scelta — Despedida recordando un adiós (datata 12 ottobre 1937) —  è un testo che appartiene, come La collera, all’ultimo gruppo di poesie scritte da Vallejo, nel periodo in cui componeva anche la sua celebre sequenza sulla guerra civile spagnola intitolata “Spagna, allontana da me questo calice”.


I. In lingua originale si possono ormai trovare numerose edizioni di qualità (soprattutto peruviane e spagnole), anche economiche, che coprono pressoché tutta l’opera di César Vallejo, comprese le lettere e gli scritti rimasti a lungo inediti dopo la morte dell’autore. Molto differente è invece il discorso per quanto riguarda la disponibilità di traduzioni in italiano. Grazie soprattutto a un lavoro durato decenni di Roberto Paoli (1930-2000), Giovanni Meo Zilio (1923-2006), Antonio Melis (1942-2016) e Giuseppe Bellini (1923-2016), oggi Vallejo in Italia è relativamente noto in particolare per l’alto valore della sua poesia, che è stata tradotta integralmente (3). Lo scrittore e intellettuale peruviano fu tuttavia anche giornalista, saggista, narratore, drammaturgo e traduttore; molti suoi scritti hanno seguito, fino ad anni recenti, intricate peripezie editoriali e – ad eccezione di Favola selvaggia (Arcoiris, 2014) e Tungsteno (Savelli, 1976; SUR, 2015) – non sono mai stati tradotti in italiano (4).


II. Paco Yunque e Il vincitore, racconti d’infanzia “a sfondo sociale”, furono scritti da Vallejo negli anni in cui aveva ormai accentuato – grosso modo dopo il 1927 – la sua militanza civile e politica come comunista e marxista non scolastico. Su questo molto si è scritto e polemizzato ma, pur nella sua essenzialità, la definizione sintetica migliore in fondo rimane quella che Ricardo González Vigil riassunse nella sua prefazione al saggio di Vallejo “El arte y la revolucion”: «Vallejo, al igual que Mariátegui, detentaba un marxismo crítico y creador», Vallejo, come Mariátegui, professava un marxismo critico e creativo (5).

«L’insicurezza economica, tu già sai che è sempre stata il mio forte. In quanto alla politica – scriveva nel 1932, durante un suo soggiorno a Madrid, in una lettera indirizzata all’amico spagnolo Juan Larrea – sono andato verso di essa per lo stesso peso delle cose e non è stato nelle mie mani l’evitarlo. Tu mi comprendi, Juan. Si vive e la vita a uno entra in forme che, quasi sempre, ci prendono di sorpresa. Tuttavia, penso che la politica non abbia ucciso totalmente quello che io ero prima. Sono cambiato, sicuramente, però forse sono lo stesso. Condivido la mia vita fra l’inquietudine politica e sociale e la mia inquietudine introspettiva e personale e mia interiore. Che vuoi farci, fratello!» (6). 

È dall’intreccio creativo di queste due profonde e differenti “inquietudini” che sono nate le opere migliori, in prosa e in versi, di Vallejo, consentendogli di non appiattirsi – a differenza di molti altri scrittori “militanti” dell’epoca – su una letteratura strumentalmente ridotta a semplice divulgazione ideologica e propaganda, opzione peraltro da lui sempre esplicitamente respinta in molti suoi articoli giornalistici e saggi. D’altronde, anche fuori dalla questione degli scritti più propriamente letterari, lo scetticismo di Vallejo sull’effettiva immediata influenza dell’intellettuale engagé si andò sempre più accentuando con l’esperienza e con gli anni, come mostra bene, oltre all’articolo “Gli artisti di fronte alla politica”, anche uno dei suoi testi chiave del 1937, “Gli intellettuali e le grandi lezioni culturali della guerra spagnola”, incluso in questo e-book.


III. Di recente – nel 2014 – uno studioso, Jorge Valenzuela Garcés, in un saggio si è dato il compito di «dimostrare che “Paco Yunque” di César Vallejo è il primo racconto per bambini pienamente marxista della nostra tradizione narrativa» peruviana, sostenendo infine che «siamo di fronte a una narrazione che rivoluziona il racconto infantile tradizionale» (7). È una delle esegesi possibili, ma rimane evidente che il racconto, come ogni opera letteraria, si apre anche ad altre interessanti letture, persino di stretta attualità: le dinamiche del bullismo che emergono nel racconto ne sono il più facile esempio.   

Considerazioni simili valgono anche per “Il vincitore”, pregevole nella sua concitata brevità. Se è vero che nel testo non manca qualche eccesso maldestro (per limitarsi all’esempio più vistoso: un bambino è scalzo e con i piedi feriti mentre l’altro non solo porta le scarpe, ma le ha persino “nuove”…), tuttavia – e senza calcare le forme più elementari del patetismo – l’enigmatico pianto finale di Juncos lo riscatta da letture che possano ridurlo a troppo semplici cliché ideologici. Dempsey, Firpo, Tunney… sono alcuni dei nomi di pugili all’apice della fama verso la fine degli anni Venti del ‘900: per il lettore di oggi è meno percepibile, ma nel tono epico di alcune belle descrizioni dello scontro fra i due bambini, Cancio e Juncos, Vallejo gioca anche con gli stilemi e l’immaginario delle cronache sportive della sua epoca (8). Difficile perciò dire fino a che punto la si possa davvero considerare in senso stretto ed esclusivamente una narrazione per bambini; tutto sommato si può condividere e può valere anche per “Il vincitore” quanto Robert K. Britton ha scritto di Paco Yunque, ossia che è in primo luogo un racconto “sui bambini piuttosto che per loro”, capace dunque di lasciare aperti e sollecitare molti interrogativi nei lettori di ogni età. Fabrizio Pinna, maggio 2018

**Questo scritto – comprese le note successive – ripropone senza variazioni la “Nota ai testi e Postfazione” originariamente pubblicata in chiusura dell’e-book César Vallejo, Il vincitore — Paco Yunque, Pieffe Edizioni 2018 [a cura di Fabrizio Pinna; ebook Collana MiniMix n. 9; ISBN 978-88-99508-20-3]. Le poche integrazioni qui aggiunte sono esplicitamente indicate tra parentesi quadre con la dicitura N.d.E. 2019. effe


Note

(1) Cfr. César Vallejo, Desde Europa – Crónicas y artículos (1923–1938), a cura di Jorge Puccinelli, Lima, Ediciones Fuente de la Cultura Peruana, 1987; Georgette de Vallejo, Apuntes biográficos sobre “Poemas en Prosa” y “Poemas Humanos”, Lima, Moncloa Editoriales, 1968.

(2) Si tratta della parte introduttiva di un articolo che poi proseguiva analizzando brevemente le linee di tendenza della poesia statunitense a lui contemporanea (La nueva poesía norteamericana, «El Comercio», 30 luglio 1929).

(3) In ultimo l’edizione Gorrée 2008 in 2 volumi, peraltro ora difficilmente reperibile nelle librerie, dell’Opera poetica completa nella traduzione di Roberto Paoli, con prologo di Antonio Melis; è l’edizione utilizzata in seguito per l’antologia vallejiana oggi più diffusa in Italia, uscita nel 120° anniversario della nascita: César Vallejo, Se sopravvive la parola, a cura di Antonio Melis, Milano, Corriere della Sera, 2012 (nella collana “Un secolo di poesia” diretta da Nicola Crocetti). [N.d.E. 2019: Alcune poesie di Vallejo si possono leggere qui in S-Composizioni]

(4) Per il lettore che non legge in spagnolo ma è comunque interessato a farsi un’aggiornata idea d’insieme sufficientemente approfondita della complessità e ricchezza dell’opera di César Vallejo, la via più breve resta dunque quella di ricorrere all’ottima editoria in lingua inglese: Joseph Mulligan (ed.), Selected Writings of César Vallejo, Middletown (Connecticut), Wesleyan University Press, 2015; Robert K. Britton, The Poetic and Real Worlds of César Vallejo. A Struggle between Art and Politics (1892–1938), Eastbourne, Sussex Academic Press, 2015; Stephen M. Hart (Edited by), Politics, Poetics, Affect: Re-visioning César Vallejo, Cambridge, Cambridge Scholars Publishing, 2013.

(5) Cfr. il Prólogo di Ricardo González Vigil a César Vallejo, Obras completas. Tomo 11: El arte y la revolución, Lima, Editora Perú S.A., 1992. I punti di tensione sono evidenti nel testo qui tradotto “Intorno alla libertà artistica” e in alcuni scritti giornalistici, compresi i reportage dalla Russia, si possono certamente individuare delle forzature ideologiche di comodo ma, in linea di massima, Vallejo cercò comunque di mantenersi sempre su una sua linea di critica autonoma, più volte esplicitamente rivendicata (a titolo di esempio, cfr. Las lecciones del marxismo, «Variedades», n. 1090, 19 gennaio 1929). Ad ogni modo, come tutti i grandi autori anche Vallejo nel tempo ha avuto appasionati estimatori e atrettanto appasionati detrattori; tra il serio e il giocoso uno studioso, Max Silva Tuesta, per ricapitolare il dibattito critico proponeva “il seguente ordinamento dei vallejisti: 1. Vallejisti pionieri; 2. Vallejologi; 3. Vallejofili; 4. Vallejolatri; 5. Vallejogologi; 6: Vallejoclasti; 7. Vallejocidi; 8. Vallejocrati e 9. Vallejisti bisestili. Naturalmente uno stesso vallejista può essere incluso in più di una rubrica.” [Max Silva Tuesta, Tipos de vallejistas (Separata publicada por la Universidad de Lima en 1994), ora in César Ángeles Caballero (a cura di / Compilador), Poner de pie al 1 – Folletos en torno a Vallejo. Lima: Fondo Editorial de la Universidad de Ciencias y Humanidades, 2009].

(6) Madrid, 29 gennaio 1932, in César Vallejo, Epistolario general (a cura di José Manuel Castañon; Valencia: Pre-Textos, 1982); più di recente, integrando nuovi documenti ritrovati, è stata pubblicata la Correspondencia completa (a cura di Jesús Cabel; Valencia: Pre-Textos, 2011). 

(7)  Jorge Valenzuela Garcés, El primer cuento marxista para niños en el Perù: el caso de “Paco Yunque” de César Vallejo, in «Atenea» (Concepción), n. 509, 1/2014, pp. 211-225 (si può leggere online: http://dx.doi.org/10.4067/S0718-04622014000100012). Joseph Mulligan nell’antologia citata nella precedente nota (4) riassume gli aspetti più ideologici della iniziale ricezione e del suo successivo uso politico in particolare in Perù: seguendo la testimonianza della moglie di Vallejo, “il manoscritto fu respinto [nel 1931 dalla casa editrice spagnola Cenit] in considerazione della violenza con cui i personaggi (la maggior parte di loro bambini) si trattano l’un l’altro. Paco Yunque è il più manierato (formulaic) testo fra gli scritti di Vallejo. Sebbene questa storia per bambini fosse stata giudicata troppo violenta per i gusti iberici dei primi anni ’30 e sia stata poi ignorata da molti lettori per ragioni ideologiche, nondimeno essa ha formato parte del curriculum nazionale nelle scuole pubbliche peruviane a partire dai primi anni ’70, mentre Juan Francisco Velasco capeggiava la dittatura militare nel 1968-1975, dopo il colpo di stato contro il presidente Fernando Belaunde. Sotto Velasco fu lanciata una riforma dell’educazione che fece del Quechua una lingua ufficiale e mirava a fornire una educazione bilingue alle popolazioni indigene delle Ande e dell’Amazzonia (a quel tempo, circa la metà dell’intera popolazione del paese). Sebbene il sempre più intollerante dittatore avesse i suoi censori e mandò in esilio tutti gli editori di giornali nel 1974, egli incorporò nel curriculum nazionale lavori che sostenevano la lotta dei contadini e, in uno strano rivolgimento degli eventi, Paco Yunque diventò una risorsa perfetta (a perfect match) per l’ideologia della dittatura” (traduco qui un passo dell’Introduction, p. LV).

(8) Vallejo, vale la pena ricordare, in alcuni articoli giornalistici scrisse, frammentariamente, sulla crescente influenza socio-culturale dello sport: La vita come match, del 1927, ne è uno dei migliori esempi (lo si può leggere in una traduzione in S-Composizioni in Rivista, gennaio 2017; URL: https://www.rivistascomposizioni.eu/cesar-vallejo-la-vita-come-match).