LA MAMMA HA BISOGNO DI NOI – giallo fantasy di Laura Sergi

LAURA SERGI – “Quando?”, chiese il piccolo Paolo, 5 anni, sempre distratto dalle evoluzioni di Cip e Ciop, i due pesciolini più vivaci del grande acquario.

“Appena possibile!”, rispose Pietro, il più grande, 9 anni. E aggiunse: “La mamma ha bisogno di noi!”.
“Dove sono i miei piccoli?”, domandò Donata in quell’istante, aprendo la porta di casa, mentre Pietro faceva segno a Paolo di fare l’indifferente, che lei non doveva accorgersi di quanto fossero preoccupati.

Perché soffriva, e moltissimo, Donata. Dal giorno in cui quella megera che abitava nell’appartamento a fianco del suo, aveva aperto gli occhi, con continue telefonate anonime, alla moglie del suo collega d’ufficio, vedersi con lui era diventata una cosa impossibile ed entrambi ci pativano da morire. Come spiegare a quella vecchia zitella che il loro era vero amore, e che il motivo di una relazione segreta era dovuto al fatto che le bambine di lui erano ancora troppo piccole?

“Non me le farebbe vedere più – le aveva detto tante volte Dino – se io chiedessi la separazione. Col fior fiore di avvocati che ha, ricca sfondata, s’inventerebbe un valido motivo per trasferirsi in America, pur di farmi un dispetto!”. Per poi aggiungere: “Ho dovuto mentire quando mi ha parlato di quelle telefonate, dirle che fra noi non c’è stato nulla di serio. Mi è costato, sai… mi è costato molto!”, diceva, mentre lei rabbrividiva e pensava a quante difficoltà avrebbero incontrato ora.

Perché, ovviamente, la moglie di lui aveva mosso mare e monti, e ottenuto pure che Donata venisse licenziata. ‘E tutto per colpa di una strega che non si è occupata dei fatti propri…’, pensava ora la donna, mentre contava da quanti giorni non avevano più trascorso un’ora insieme. Solo prendere tra le braccia i suoi cari le faceva tornare il sorriso.

“Dobbiamo accontentarci anche oggi!”, dice adesso Donata, mentre toglie dalla borsa della spesa latte, burro, croccantini, pasta, e il mangime per Cip e Ciop, e ripensa al suo Dino, che avrebbe tanto voluto aiutarla economicamente, ma di fronte allo sguardo della compagna non aveva insistito.

“Cambierà tutto, vedrete!”, pronuncia ancora, piena di ottimismo.
Sposatasi a soli sedici anni, era rimasta vedova giovanissima, eppure era riuscita a risollevarsi, a rimboccarsi le maniche, e ad aprirsi nuovamente all’amore.

“Ce la farò anche stavolta!”, si ripromette, mentre pensa al carrello pieno che la vecchiaccia malefica trascinava davanti a lei alla cassa del supermercato, e a quel sorriso sadico e soddisfatto che le aveva rivolto quando l’aveva vista.

“Vorrei che ci fosse un angelo – ripete anche quella sera a voce alta – che scendesse giù dal Cielo e la strozzasse con il filo del suo maledetto telefono!”.

Il più grandino, Pietro, ha un quadro ben chiaro in testa. Prima che le cose precipitassero, le due vicine di casa si salutavano quando si incontravano nel pianerottolo, e magari scambiavano tra loro anche qualche osservazione innocua sul tempo. Era capitato spesso che l’anziana, in procinto d’uscire, si attardasse a chiacchierare con la porta ancora aperta, e uno squillo del telefono la richiamasse all’interno.

II

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Adesso i due stanno confabulando:

Paolo non è che capisca proprio tutto, è il piccolino di casa, ma si fida del fratello, ed è pronto ad ubbidire con le sue gambe agili. Donata è uscita per fare la spesa senza chiudere a chiave. Quello è un quartiere tranquillo, non ci sono ladri, solo malelingue!, e in quelle stanze, poi, non c’è proprio nulla da rubare. Si odono i passi dell’anziana inquilina nei pressi dello zerbino, e il rumore di chi cerca nella propria borsa le chiavi per chiudere l’uscio.

“Ora!”, dice Pietro, mentre pigia il bottone del telefono fisso, con il numero memorizzato della vicina, perché un tempo Donata, quando la credeva un’amica, la chiamava frequentemente.
Paolo si allunga, aggrappandosi alla maniglia della porta e facendola ruotare. Intanto si sentono gli squilli nell’appartamento a fianco, l’uscio che si spalanca, e l’anziana che ritorna sui propri passi, mentre Pietro e Paolo entrano a loro volta nella casa della megera.

“Pronto!…, pronto!”, fa la vecchia, che è anche un po’ sorda e non si accorge dei due che le sono alle spalle. Poi è un lampo: l’accerchiano, corrono in cerchio, le fanno scorrere il filo del telefono due volte attorno al collo, e tirano… tirano… finché quella non stramazza al suolo, e possono rientrare in casa loro, ed emettere un sospiro di sollievo, addossati all’uscio.

In silenzio, attendono. Prima c’è un rumore di passi indecisi, che stazionano un momento sullo zerbino della vicina e si decidono ad entrare; poi un urlo, tanti urli, tante porte che si aprono e tanta gente che si riversa nell’appartamento a fianco al loro; infine i passi delicati di Donata, che si stupisce di tanto caos sul suo pianerottolo, con uomini in divisa e uomini vestiti di bianco.

“Lei, da dove arriva?”, le domanda qualcuno.
“E a che ora è uscita?”, chiede un altro.
“Ha dei sospetti?”, insiste un terzo.

Finalmente, Donata può rientrare nel suo appartamento. “Piccoli miei, vi siete spaventati?”, chiede rabbrividendo ancora. “Sapete cosa è successo?”, dice, e mentre parla, pensa che forse un angelo è davvero sceso dal Cielo per portare un po’ di giustizia nel mondo.
Presto Dino avrebbe potuto tornare da lei a trovarla, e insieme affrontare quella lunga attesa nel tempo, fino a che le due bambine non avessero raggiunto la maggiore età, o almeno i sedici anni, in grado di capire che se un padre si vuol separare dalla mamma, può però voler continuare ad essere il loro genitore.

Manda un messaggio a Dino: ‘Quella ficcanaso non c’è più. Vieni quando vuoi, quando puoi… Ti amo!’.
Riempie di baci i suoi piccoli, li abbraccia.
“Siete felici anche voi come sono felice io?”, chiede.
“Miaooh!”, fa il piccolo Paolo, l’ingordo di casa, mentre gira intorno alle sue gambe, e spera che si accorga che il piatto dei croccantini, posato sul pavimento, è tremendamente vuoto.
“Miahooo!”, fa il più tranquillo Pietro, che ora è seduto sulla seggiola e la guarda beato.

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