IL TORNEO DI PALLAVOLO DEGLI DEI – un racconto di Alfredo Sgarlato

ALFREDO SGARLATO – Quando gli Dei tornarono sulla Terra per prima cosa si pensò a come spettacolarizzare l’evento.
Imbastire un reality sulle loro vite? Troppo banale, troppo snob. L’ideale era un evento sportivo. Quelli si che la gente li guarda! Il calcio è certamente lo sport più amato, ma creature come il Minotauro, che hanno zoccoli e corna, non avrebbero potuto giocare. Un torneo di pallavolo, ecco la trovata perfetta. Ma come comporre le squadre? Per tradizione, aree geografiche, sessualità? E come regolarsi con i rappresentanti delle religioni monoteiste? E i semidei, i profeti, i santi, i supereroi dei fumetti potevano partecipare?

Dopo interminabili discussioni, sia tra gli organizzatori, che tra gli stessi dei, che sono notoriamente molto litigiosi, si giunse alla presentazione delle squadre, che erano così composte (i componenti sono in ordine alfabetico):
1. Dei dell’antico Egitto: Anubi, Bastet, Horus, Iside, Osiride, Toth.
2. Divinità Indù: Brahma, Ganesha, Khali, Indra, Shiva, Vishnu.
3. Creature dalla mitologia Greca: Achille, Ercole, Icaro, Minotauro, Pan, Prometeo (subito indicati come favoriti).
4. Dee Greche (che presentiamo coi nomi latini, più noti): Cerere, Diana, Giunone, Minerva, Persefone, Venere (immediatamente le più amate dal pubblico).
5. Monoteisti: Budda, Gesù, Maometto.
6. Dei Celti e Germanici: Balder, Cu Chulain, Loki, Odino, Thor, Ymir.

I supereroi della Marvel furono esclusi in quanto troppo moderni, inoltre gli avevano già dedicato almeno 3 film ciascuno e non potevano lamentarsi. Un ricorso venne presentato contro i monoteisti: non potevano giocare solo in tre. Un teologo interpellato risolse brillantemente il problema: poiché il dio cristiano è uno e trino si raggiunge il numero, accettabile, di cinque giocatori. La formula del torneo scelta era girone all’italiana con spareggio finale tra le prime due.

Le partite furono quindi molte e combattutissime. Per motivi di spazio rievocheremo solo le principali.
La partita inaugurale si gioca tra Indù e Greci. I Greci partono fortissimo, ma gli Indù, grazie a Indra dalle lunghe braccia e Khalì, che ne ha ben sei, resistono ottimamente. Nel 2° set Prometeo, fino allora il trascinatore dei Greci non riesce più a sopportare i dolori al fegato e deve essere sostituito da Apollo, più a suo agio con la musica che nello sport. Inoltre Pan, eccitatissimo per via del folto pubblico femminile è continuamente richiamato dagli arbitri per le sue scandalose erezioni, finché il C.T. Zeus è costretto a sostituire anche lui. Il sostituto, Mercurio, ruba un punto e viene espulso. La squadra greca è sconfitta al tie break.

Nella 2° giornata il match clou è tra Celti e Greche. Nel primo set Thor, il martello degli dei piazza subito una serie di schiacciate vincenti. Ma per quei baldi ragazzoni nordici è difficilissimo mantenersi concentrati di fronte alla bellezza mediterranea di Venere e co. che a poco a poco prendono in pugno la partita. Gli spettatori sono estasiati. Un intellettuale radical-chic commenta:
«che splendore! Non vedevo tanta grazia dall’apparizione di Marina Abasidze ne “L’ombra degli avi dimenticati” di Paradzanov!»; «cosa dici! – ribatte un collega – piuttosto dovresti paragonarle a Machiko Kio ne “I racconti della pallida luna d’agosto” di Mizoguchi».
La discussione prosegue per giorni e giorni.

Nell’intervallo Venere si rivolge al pubblico: «potremmo approfittare di questa pausa per eleggere la più bella, cioè io».
Dice Giunone: «non voterete per questa sciacquetta, sono io la perfetta bellezza mediterranea».
Dice Minerva: «le curve non sono niente senza il cervello, votate me!».
Cerere, scuotendo i capelli color del grano: «gli uomini preferiscono le bionde!».
Diana: «saranno una preda facile…».
Persefone rimane ombrosa in un angolo, poi lancia dei fiori.
Il pubblico non vuole pronunciarsi, è già successo una volta e si sa come andò a finire. Gli arbitri propongono che si voti da casa via sms. La competizione aumenta lo spirito competitivo delle dee che giocano sempre meglio, diventando la squadra rivelazione del torneo.
I Greci invece continuano a deludere. Si pensa possano fare un solo boccone dei monoteisti, ma non sarà così. Buddha, benché giochi seduto, è un palleggiatore formidabile e i suoi due compagni non sono da meno. Inoltre i Greci, notoriamente inkazzosi e permalosi, non riescono a sopportare la serenità proverbiale di Gesù e Buddha e ben presto si disuniscono. Murando una schiacciata il Minotauro buca il pallone con le corna. Ammonito, litiga con gli arbitri, ottenendo solo di essere squalificato. A questo punto sono di fatto eliminati.

La sfida tra monoteisti e dee, le due squadre rivelazione, diventa decisiva per l’accesso alla finale. E qui c’è un colpo di scena. Maometto si rifiuta di giocare contro delle donne discinte. Gesù e Buddha, che già avvertivano la fatica dei turni precedenti, in due non possono combinare granché. Solo un miracolo potrebbe dargli la vittoria, ma Gesù, che è l’incarnazione della giustizia, non infrangerebbe mai le regole. Le dee vincono e si qualificano per la finale. Loro avversari, altra sorpresa di un torneo che ne ha regalate molte, sono gli Indù, giocatori aiutati si dalla loro costituzione fisica, ma anche ottimamente preparati sul piano tecnico e tattico.
La finale fu trasmessa solo da una pay tv e a prezzo altissimo. Solo pochi privilegiati poterono vederla.

2017: © Alfredo Sgarlato – Diritti riservati.